Associazione Culturale Bizantina
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2010-05-15 Radio 3 RAI, File Urbani - conduce E. Li Castro
[http://www.bizantina.it/upload/mp3/2010-05-15-FILE-URBANI-Emiliano-Li-Castro.mp3]

2009-11-22 Mundofonìas: musica da todo el mundo, para todo el mundo
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15-09-2009 Un mondo di musica (RadioVoceSpazio), intervista con Massimo Ferro

Massimo Ferro, giornalista che da oltre venticinque anni si interessa di tutta la musica ispirata alle tradizioni popolari collaborando con innumerevoli radioemittenti e riviste specializzate, parla con  Michaela D'Astuto del CD Orlando Tarantato e dell'omonimo spettacolo, durante la sua trasmissione Un mondo di musica trasmessa da RadioVoceSpazio (AL - Fm 93.800)
Qui sotto, abbiamo montato l'intervista con alcune fotografie e immagini:




17-06-2009 Mama Africa (NOVARADIO), intervista con Daddy Wally

Nuovamente ospiti a Mama Africa di Novaradio (FI - Fm 101.5 -107.3) un anno dopo la "prima" dello spettacolo Orlando Tarantato e in coincidenza con l'uscita dell'omonimo CD, Michaela D'Astuto e Marcello Melighetti parlano con Daddy Wally della complessa - ed entusiasmante - gestazione dell'album.
Per ascoltare l'intervista in streaming, seleziona il file desiderato nel lettore mp3 presente in questa pagina web


16-04-2008 Mama Africa (NOVARADIO), intervista con Daddy Wally

Ospiti alla trasmissione Mama Africa di Novaradio (FI - Fm 101.5 -107.3), Michelangelo Zorzit , Michaela D'Astuto e Marcello Melighetti parlano con Daddy Wally di Orlando Tarantato, a due giorni dalla "prima" dello spettacolo.
Per ascoltare l'intervista in streaming, seleziona il file desiderato nel lettore mp3 presente in questa pagina web



19-06-2007 Il volo dell'arancia (www.recradio.it) intervista con P. Strino e L. Desiati

Ospitati nel mitico studio di P.zza Viesseux dai conduttori Paolo Strino e Lorenzo Desiati, Michelangelo Zorzit e Alessandro Bindi parlano del loro spettacolo Orlando Tarantato.
Per ascoltare l'intervista in streaming, seleziona il file desiderato nel lettore mp3 presente in questa pagina web



2004-12-01 Mama Africa (NOVARADIO), Intervista con Daddy Wally e Papa Leo

Daddy Wally: A Mama Africa abbiamo stasera i Bizantina a presentare il loro nuovo lavoro Zahir. Vorrei iniziare con una domanda… “difficile”, perché è sempre un problema doversi etichettare: come definireste il genere musicale dei Bizantina?
Rocco: Effettivamente, etichettarsi è veramente un problema per un gruppo che muove i suoi primi passi a partire dalla tradizione e sceglie successivamente di intraprendere nuove strade, senza per questo abbandonare definitivamente la propria ispirazione iniziale. Quindi semplicemente direi che ciò che continuamente ricerchiamo è la contaminazione, sempre unita al divertimento di sperimentare soluzioni musicali inedite.

Daddy Wally: Infatti ho notato che le influenze nei vostri brani sono molteplici, anche perché i musicisti stessi provengono da svariate regioni d’Italia, e immagino con esperienze musicali diverse.
Rocco: Certo, Mauro è di Termoli, io vengo dal Salento, Michaela per metà è emiliana, per metà molisana. Per quanto riguarda la formazione musicale, tutti noi abbiamo esperienza con più strumenti: io ad esempio ho iniziato con la tastiera, e solo in un secondo momento sono passato al mio strumento attuale, il tamburrello, che suono ormai da vari anni e che mi ha dato molte soddisfazioni, come quella di essere qui, ad esempio.
Mauro: In realtà vorrei sottolineare come Rocco suoni praticamente qualsiasi tipo di percussione, in Panormozahir, ad esempio suona due cucchiai da cucina… Per tornare a delle nostre influenze, credo che già il primo brano del disco, con il suo arrangiamento in uno stile manouche del tutto inedito per i Bizantina, sia indicativo di una grande varietà di ispirazione. Inoltre, il fatto che Panormozahir sia uno dei pochi brani in italiano del disco evidenzia come l’eterogeneità delle nostre provenienze influenzi anche le scelte testuali, oltre che quelle musicali: alcuni pezzi sono in salentino, altri in campano, un brano è in dialetto palermitano. Anche se i componenti attuali sono in maggioranza toscani, nel corso degli anni hanno fatto parte della formazione musicisti provenienti da varie regioni d’Italia, ognuno dei quali ha lasciato una traccia sensibile nello stile del gruppo.

Papa Leo: Qual è il motivo del vostro nome?
Michaela: Il nome venne proposto dal percussionista Massimo Ierimonti, un’altra delle persone che, passando nel gruppo, hanno lasciato qualcosa di sé. Avendo abbracciato tutto il Mediterraneo ed essendo giunta fino al Nord Italia, la cultura bizantina ha creato interessanti forme di mediazione tra occidente e oriente. Poiché la nostra musica non ha come riferimento soltanto il sud Italia, ma tutte le culture musicali dei popoli che si affacciano sul Mediterraneo, come la musica balcanica, quella spagnola e quella araba, il nome ci sembra anche oggi, a distanza di tempo, un’efficace descrizione di quello che siamo e di quello che suoniamo.

Papa Leo: Mentre il titolo del disco Zahir a cosa è dovuto?
Michaela: E’ il titolo di un racconto di Borges, in cui è descritto con questo termine un oggetto che è impossibile dimenticare. Per noi rappresenta tutto quello che un individuo non può lasciarsi completamente alle spalle, ossia le proprie radici. Nel primo brano del disco, al termine Zahir abbiamo accostato l’antico nome di Palermo “Panormo”, che vuol dire porto, ossia punto di incontro e di fusione di tutte le culture: questo è stato un modo per alludere a quanto ci accade quotidianamente, quando siamo chiamati a confrontarci con altre culture, restando d’altronde legati alle nostre radici dal filo inscindibile della memoria.

Daddy Wally: A proposito dei linguaggi che usate, è in dialetto la parte cantata in Adriatika, che segue una lunga introduzione strumentale. Di cosa si tratta?
Rocco: Nelle intenzioni iniziali, il brano era pensato come interamente strumentale. Successivamente abbiamo deciso di aggiungere in fondo una ninna-nanna salentina, stravolgendola notevolmente: sfruttando l’andamento cantilenante di questa filastrocca , l’abbiamo adattata a una base ritmica molto intensa, con un effetto diametralmente opposto rispetto alla nenia originale, che rasenta quasi l’hip hop.
Mauro: E’ una ninna nanna da scitamento!


Daddy Wally: La storia dei Bizantina mi sembra quindi molto ricca di episodi e personaggi, potreste narrarcela?
Michaela: I Bizantina hanno iniziato a suonare insieme molto prima di avere questo nome, come musicisti di strada, al Festival On The Road di Pelago del ’93. Suonavamo pezzi dei Musicanova, alcuni della Gatta Cenerentola di De Simone
Daddy Wally: Ah, bellissima!
Michaela: Infatti, era un gran divertimento! A quel tempo c’era anche un’altra cantante, Anna Granata, e giocavamo molto sull’intreccio di voci e sulle percussioni, pur restando un gruppo da strada. Ben presto il pubblico ha iniziato a interessarsi a noi, e a chiamarci a suonare; allo stesso tempo, noi abbiamo cercato di acquisire anche un atteggiamento più filologico nei confronti della tradizione. In questa fase la formazione era inizialmente prettamente acustica. Quando però è entrato Mauro con la batteria, e il contrabbasso è diventato un basso elettrico, il tutto è andato rapidamente cambiando.
Mauro: Infatti, in quel momento il discorso filologico ha iniziato a venir meno, e con il mutare dei componenti è andata crescendo l’esigenza naturale di fondere influenze e stili musicali; esigenza che si è rinnovata ogni volta che nel gruppo entrava un nuovo elemento. In questo senso, l’ingresso di Rocco, con il suo forte radicamento nella cultura salentina, è stato fortemente determinante per le strade che abbiamo successivamente intrapreso.
Michaela: Tornando un po’ indietro, all’indomani di Pelago, quando la formazione si è stabilizzata con l’ingresso di Mauro alla batteria, ci siamo dedicati anche a comporre dei brani originali, che abbiamo inciso nel ’97 nel CD E’ Notte, successivamente pubblicato per Re Nudo, e contenente la canzone omonima, vincitrice al Premio Ciampi nel '98.
Mauro: In seguito abbiamo fatto varie tournèe all’estero, in Portogallo, Spagna, alle Isole di Capoverde, un’esperienza che ricordiamo con grande gioia.

Papa Leo: Direi una vacanza lavoro fantastica. Com’è il pubblico capoverdiano?
Mauro: Molto entusiasta, vedevamo le seconde file saltare sulle prime file e sostituirsi ad esse, e poi nuovamente la stessa scena ripetersi. Chi è stato a Capoverde recentemente ci ha riferito che in quelle isole i Bizantina sono tutt’oggi ricordati come una delle più importanti formazioni di tutti i tempi!!

Daddy Wally: Sarà stato un piacere avere questi riconoscimenti da una popolazione come quella capoverdiana, che ha una cultura musicale invidiabile: Antonio e Ippolito conducono proprio qui su Novaradio tutti i mercoledì sera dalle 19.30 alle 21.00, proprio prima di questa trasmissione, un programma interamente dedicato alla musica e alla cultura di questo splendido arcipelago che fronteggia le coste del Senegal. Tornando al vostro CD, anche il dialetto del brano De Sira è salentino?
Rocco: Esatto. Il testo è quello di una pizzica tradizionale, che proponiamo in una versione totalmente rivisitata. L’arrangiamento potrebbe collocarsi a metà strada tra la musica araba e il flamenco, mentre le linee vocali potrebbero ricordare il richiamo di un muezzin, così come l’orchestrazione dei fiati evoca vagamente il mariachi.


Daddy Wally: Anche il brano Si Mmo è su un testo tradizionale?
Michaela: No: in questo caso sulla musica che ha scritto il bassista, Michelangelo Zorzit, ispirata alla tradizione della canzone napoletana, abbiamo adattato il testo di una nostra amica, Marianna Orlando, che spesso ha fatto da consulente per quanto riguarda il dialetto partenopeo. E’ il lamento di una donna che aspetta sulla spiaggia il proprio uomo partito per mare, sapendo che il mare non glielo restituirà.
Papa Leo: L’argomento è tipicamente capoverdiano!
Michaela: Hai perfettamente ragione, lo spirito del testo è proprio quello di chi vive ai margini dell’Oceano, un po’ capoverdiano, un po’ portoghese… anche un po’ da saudade!

Daddy Wally: A proposito del brano Fimmina Tu, potreste parlarci dei vari ospiti che hanno partecipato alla realizzazione?
Mauro: Il cantante che affianca Michaela è Cesare Mariotti, un mio compaesano di Termoli, amico d’infanzia con cui ho suonato molti anni; attualmente suona rock, ma ha prestato volentieri la sua voce per questo brano.
Daddy Wally: Con ottimi risultati, direi.
Michaela: Sono completamente d’accordo. Al violoncello abbiamo invece Suna Choi, una ragazza Coreana, mentre al pianoforte c’è Emiliano Benassai, che nel disco suona anche in Si Mmo ed è il nostro attuale fisarmonicista. Curando la partitura degli archi e l’intero arrangiamento, ci ha permesso di realizzare in questo brano una miscela molto fantasiosa tra la semplicità della melodia, e la ricchezza delle sonorità “classiche” .

Daddy Wally: Mentre la traccia fantasma che conclude il disco?
Rocco: E’ mia madre, che ho registrato quando è venuta a trovarmi a Natale 2003, mentre cantava uno stornello salentino. Se ne era completamente dimenticata; quando le ho portato il CD in Puglia, è andata subito in paese a farlo ascoltare!

Daddy Wally: Anche il brano Sacara contiene ricordi del Salento?
Rocco: Sì, il titolo Sacara (ca se sturtia), significa “il serpente che si attorciglia”. E’ l’immagine di un sud in cui il sole d’estate si fa sentire in maniera pesante. L’immagine si collega anche al tarantismo, che è un filone non soltanto legato al ragno, alla tarantola, appunto, ma anche al serpente. Visto che il programma si chiama Mama Africa, mi piacerebbe sottolineare anche come l’immagine evochi comunque scenari che travalicano i confini del Salento, guardando alla sponda opposta del mediterraneo, come pure le sonorità e l’arrangiamento fortemente percussivo del brano.




2004-07-01 Re Nudo, L'immaginario Mediterraneo dei Bizantina

La cosa che ci ha spinto a fare musica insieme è stata l'amore per le radici che sentiviamo in qualche modo comuni. Ma le nostre non sono origini che si rifanno ad un lugo specifico, un paese preciso o una regione, ad un tempo databile, perché il nostro passato parte da ieri ed arriva fino alle nonne delle nostre nonne, né ad un genere codificato, perché le strade di ognuno di noi si sono incrociate dopo aver percorso terreni assai diversi.
Proprio da questa Babilonia abbiamo trovato le fila del nostro discorso seguendo le tracce di una immaginaria "etnia mediterranea" in cui noi facciamo confluire esperienze ed emozioni, eredi di un comune patrimonio da far fruttare.
Ed è così che partendo da un frammento melodico, da una figura ritmica, una frase o un "sentire" tradizionali, cerchiamo insieme di costruire i nostri pezzi.
Anche quando riprendiamo brani tradizionali li riviviamo con i nostri mezzi e modi, cercando un sound che nasce a Firenze nel 2004, ma trae linfa vitale molto lontano nel tempo e nello spazio.
Per questo la ricerca per fare la nostra musica non si ferma a modalità tecniche: cerchiamo soprattutto di creare vibrazioni immediate ma profonde, intense ma lievi, che facciano risuonare, come in un rito tribale, le corde dell'istinto e della memoria.


2003-01-01 Luca Ferrari, Guida alla musica popolare in Italia

- Come descrivereste, sintetizzando in poche righe, la musica attualmente proposta dal gruppo?
Traiamo spunto dalla tradizione popolare per creare brani originali che non escludono contaminazioni da generi musicali più moderni.

- Quali sono (se esistono) le vostre fonti testuali e musicali?
Sia dal punto di vista musicale che da quello testuale, le nostre fonti di ispirazione sono piuttosto eterogenee, come dimostra il fatto di prendere spunto dalle molteplici tradizioni musicali dei popoli che si affacciano sul Mediterraneo. Anche per quanto riguarda i testi, usiamo svariati dialetti del Sud Italia, talvolta l'italiano, è probabile che useremo anche lingue straniere. Inoltre, a questa gamma di variazioni diatopiche si aggiunge una notevole eterogeneità in senso diacronico, cosicché può accadere in un stesso pezzo di combinare una melodia medioevale con ritmiche molto moderne. Infine, i testi popolari vengono affiancati a poesie d'autore (De Filippo, Saramago, Mazzafoglia): insomma, una molteplicità di fonti di ispirazione che confluisce (o almeno ce lo auguriamo) in un linguaggio quanto più possibile immediato e universale.

- Nella vostra produzione musicale, in quale rapporto percentuale stanno i brani attinti da repertori tradizionali con quelli di vostra composizione?
E' difficile fare un rapporto percentuale: molti brani di nostra composizione hanno citazioni popolari e i brani tradizionali spesso ci portano verso sonorità originali. Tendiamo a personalizzare molto il nostro repertorio per cui possiamo dire che un settanta per cento dei brani che suoniamo sono di nostra composizione.

- Cosa vi ha spinto a suonare?
Per alcuni di noi la musica è stato un linguaggio acquisito fin dall'infanzia, attraverso l'ambiente familiare: da questo è nato un tentativo spontaneo e naturale di padroneggiare tale forma di comunicazione e servirsene in maniera attiva. Per altri è stato piuttosto una specie di folgorazione, avvenuta non nei primi anni, ma sufficientemente profonda per indirizzare molte delle successive scelte di vita.

- Perché proprio musica "tradizionale"?

Ognuno di noi proviene da esperienze musicali diverse; il gruppo è nato e continua a rinascere per la voglia di comunicare e di aggregare. Molti brani che suoniamo sono pensati per ballare, ma non mancano momenti introspettivi in cui il corpo si ferma e le emozioni si ampliano. A nostro parere la musica tradizionale dà l'opportunità di coinvolgere fortemente il pubblico; la contaminazione di generi e l'uso di tanti dialetti e sonorità di tutto il mediterraneo permette agli ascoltatori di ritrovare un parte di sé, della propria storia musicale e intraprendere un percorso di avvicinamento a ciò che è diverso. Troviamo in questo un profondo messaggio di pace.

- Qual è il bilancio di questi anni di attività?
Fare bilanci è difficile; il gruppo è maturato ed ha acquistato una fisionomia più riconoscibile. Il fatto che continuiamo nonostante le difficoltà significa che comunque il bilancio è positivo.

- Quali (se ci sono state) le esperienze positive?
Le esperienze positive sono tantissime: abbiamo avuto la possibilità di entrare in contatto con molti musicisti ( da Miriam Makeba, alla NCCP, gruppi vari, Vinicio Capossela), affrontato le più diverse situazioni, conosciuto popoli diversi (tourneè in Spagna, Portogallo, CapoVerde, festival in Francia, Belgio). Ciò che è vitale per il gruppo, secondo noi, è lo scambio continuo e la condivisione di esperienze importanti.

- Quali (se ci sono stati) i problemi?
Nonostante le nostre esibizioni live siano sempre molto divertenti e in grado di coinvolgere tipologie di pubblico anche molto diverse per età e gusti musicali, può ancora essere un problema organizzare un concerto, dato che non abbiamo una major alle spalle. Anche il CD riscuote molti apprezzamenti da parte degli ascoltatori e della critica musicale, ma lo si trova solo in pochi negozi, perché non abbiamo una distribuzione, e nei confronti dell'acquisto via internet esiste ancora una certa diffidenza.

- Come considerate il rapporto tra esibizione "live" e lavoro di studio?
Sono due momenti strettamente collegati, perché le nostre registrazioni tendono a riprodurre l'energia che il gruppo trasmette nei concerti, attraverso una registrazione quanto più possibile "onesta", ossia senza aggiunta di tracce supplementari o campionamenti. Per questo i brani devono essere ampiamente rodati ed eseguiti molte volte dal vivo prima dell'incisione: questo lavoro può richiederre anche molto tempo e svariate revisioni su ogni brano. Inoltre noi crediamo che un gruppo debba saper adattare il proprio repertorio alle diverse esigenze delle varie situazioni live: se in un teatro ad esempio il pubblico è costretto a sedere, riteniamo preferibile limitare i pezzi ballabili, ma sappiamo di poter contare su una maggiore attenzione rispetto ad esempio ad un festival all'aperto, in cui l'ascoltatore può essere facilmente distratto da elementi esterni al concerto. Un CD, che è un supporto rigido in senso letterale ma anche figurato, rimane sempre uguale a sé stesso: per cui deve rappresentare una sintesi di tutta l'esperienza live del gruppo, e rappresentare momenti anche molto diversi tra di loro.


- Mediamente, quanti concerti suonate nell'arco di un anno?
Una trentina

- In quali contesti suonate prevalentemente?
Suoniamo molto nelle piazze, all'interno di feste e festival. Abbiamo suonato molto anche nei teatri scegliendo un repetorio un po' più pacato.

- Come considerate l'attuale sorta di "revival" delle musiche della tradizione (popolari, etniche…) che sta interessando il nostro paese?
Il "REVIVAL" delle musiche della tradizione è, secondo noi, molto positivo. Si muove ancora su canali alternativi e secondari, ma può darsi che sia meglio così. Un aspetto che continua a stupirci e a coinvolgerci è la trasversalità generazionale e socio-culturale: ai nostri concerti vediamo ballare bambini piccolissimi e ultraottantenni, turisti giapponesi insieme a giovani maghrebini.

- Credete esista un rapporto fra le musiche "popolari" suonate oggi e la gente, i territori, il vivere quotidiano?
Noi siamo tutti residenti a Firenze, ma per lo più suoniamo una musica che affonda le sue radici in culture che non coincidono perfettamente con la nostre; anche chi tra di noi ha origini meridionali è passato attraverso esperienze muisicali anche molto distanti dalla musica dei Bizantina. Per questo motivo, riproporre una tradizione in modo filologico ci è sempre parso fuori luogo, non perché non riteniamo artisticamente valida un'operazione di questo tipo, ma perché crediamo di non essere le persone più adatte a compierla. Per chi come noi vive nel contesto culturale di una grande città, l'unica strada percorribile è quindi quella della contaminazione, nonostante questa venga accolta con una certa diffidenza in alcune zone del Sud Italia: ma a nostro parere ciò non implica una antagonismo con l'atteggiamento filologico, ma piuttosto complementarità. Contaminare significa per noi vivificare, attualizzare, modellare la tradizione sulla base del proprio sentire, che sarà necessariamente diverso da quello di un contadino di un secolo fa. Pensiamo alla tradizione musicale di alcuni paesi latino-americani: vengono usate scale che la musica spagnola aveva mutuato da quella araba nel medioevo e successivamente esportato nelle sue colonie. Quelle scale e quelle melodie si fondono in alcuni casi con elementi ritmici appartenenti alla tradizione nera, importata dall'Africa, oppure derivanti dalla tradizione andina: quindi le tradizioni di quattro continenti diversi risultano coagulate in una cultura musicale nuova, dotata di una sua specifica fisionomia e tuttora carica di grandissima vitalità.
L'importante è che questa operazione id contaminazione venga fatta con coscienza, non come semplice giustapposizione di elementi eterogenei, ma puntando quanto più possibile a una sintesi di linguaggi diversi.

- Ritenete che queste musiche debbano necessariamente averlo?
Pensiamo si importante mantenere un legame stretto con quelle emozioni, contraddizioni e difficoltà del vivere quotidiano con cui l'arte popolare si è sempre confrontata, mettendo in evidenza quanto molti dei messaggi veicolati dai testi e dalla musica popolare mantengano intatta la propria attualità.

- È conciliabile, secondo voi, l'"attrazione fatale" verso il localismo (quale urgenza di riappropriarsi della propria storia, della cultura, dell'identità), espressa dichiaratamente da certa proposizione di musiche tradizionali, e le prospettive "globalistiche, "multiculturali" di quest'epoca che, giustificando la ragion d'essere della cosiddetta "world music", riducono spesso la musica null'altro che a un "nonluogo" nel mare magnum del Mercato?
Discutiamo spesso su questo punto all'interno del gruppo: alcuni di noi, che hanno un contatto più diretto con la tradizione, avvertono questa attrazione con maggior forza, mentre altri pensano più ad una musica di un'etnia immaginaria (non certo un "non luogo"). Dopo lunghe negoziazioni e confronti, a volte anche duri, abbiamo costruito una cornice all'interno della quale convivono le varie anime che compongono il gruppo convivono, cercando non solo di influenzarsi, ma anche di valorizzarsi reciprocamente.


- Secondo voi, ha sempre un senso il lavoro di ricerca, catalogazione e analisi del patrimonio tradizionale?
Assolutamente sì, anche se la nostra prospettiva, come abbiamo già sottolineato, è ben diversa: tuttavia non vediamo nessuna contraddizione tra atteggiamento filologico e contaminazione, ma complementarità.

- Quali ritenete siano i problemi più pressanti del settore (discografia, distribuzione, promozione, mass-media…)?
E' abbastanza difficile rispondere a questa domanda, visto che il mercato è in una fase di evoluzione veramente rapida. La crisi del mercato discografico legata al diffondersi di tecnologie (masterizzatori, mp3) ha messo in difficoltà le major, ma la tempo stesso ha ampliato la gamma delle proposte musicali e moltiplicato i canali. Questo ha offerto anche a realtà non strettamente connesse con lo star system di trovare spazi in più e svolgere un'attività a livello professionistico. Ma è un processo ancora in atto, noi speriamo che l'ascoltatore comprenda che il valore di un artista non si misura sulla base dei suoi passaggi in TV o su Sorrisi e Canzoni, e si abitui a creare un percorso personale all'interno dei mass media sulla base dei propri gusti, delle proprie inclinazioni e della propria cultura.

- Che esperienza avete rispetto all'autoproduzione?
L'autoproduzione rappresenta una fase importante nella crescita di un gruppo, perché gli offre la possibilità di compiere le proprie scelte senza condizionamenti esterni. Tuttavia, intervengono spesso altri tipi di condizionamento: un budget ridotto, che costringe a lavorare in fretta, può talvolta compromettere il risultato finale. A questo si aggiunge il problema della distribuzione, che malgrado tutti i cambiamenti più recenti, si muove ancora in larga misura su canali tradizionali, che escludono per loro stessa natura le realtà di nicchia.

- Riuscite a vivere con la vostra musica o è di fatto una seconda attività?
Ovviamente nei nostri interessi la musica dei Bizantina occupa il primo posto, ma da un punto di vista economico non garantisce continuità: la necessità di una meggiore stabilità obbliga alcuni di noi a integrare i proventi dell'attività musicale con altre occupazioni.

- Quali canali informativi e/o strategie utilizzate per farvi conoscere?
Il mezzo più immediato e convincente sono i nostri concerti e il passaparola che avviene dopo. Per altro usiamo molto internet e il contatto diretto con organizzatori di spettacoli o persone del settore.

- Come considerate il giornalismo specializzato?
Col giornalismo specializzato abbiamo avuto contatti molto proficui, talvolta nelle definizioni che vengono date della nostra musica troviamo qualcosa di veramente interessante, e siamo portati a farlo nostro. Capita anche, d'altronde, che alcuni giornalisti apprezzino aspetti della nostra musica che noi invece preferiremmo cambiare, oppure che non diano troppa considerazione a brani che noi invece riteniamo veramente rappresentativi. D'altronde il rapporto che un musicista ha con la musica in generale, e con la propria musica in particolare, è comunque molto diverso da quello di qualunque ascoltatore.




1996-09-12 La Nazione - Giovanni Ballerini, Onda Bizantina

Una ventina di concerti in Toscana e soprat­tutto la vittoria all'On the Road Festival di Pelago. Per i Bizantina è stata un'estate davvero eccezionale. Il settetto capitanato dalla brava sassofonista fiorentina Su­sanna Crociani (che raccoglie musicisti di un po' tutte le regioni) si è infatti impo­sto all'attenzione del pubblico toscano per il suo modo intenso e passionale di proporre la melodia, per l'estro e la dinamicità con cui inter­preta brani originali e vecchie canzoni popolari. Un gioioso percorso musicale che parte dalle villanelle e dalle dalle tarantelle per approdare a un po' tutti i ritmi d'oriente. Dal flamenco al jazz suonato seguendo scale e tonalità arabeggianti. «Sicuramente ci ha influenzato La Gatta Cenerentola di De Simone, poi successivamente cantando la musica napoletana e del Sud in generale abbiamo scoperto le nostre radici. Pelago è stata un'esperienza bellissima e, in qualche modo, la vittoria al concorso dedicato ai musicisti di strada ci ha poi permesso di fare tanti concerti questa estate».

Anche se voi non siete proprio dei buskers...

No, anche se in realtà come Bizantina siamo nati nel '93 a Firenze proprio come musicisti di strada. Del gruppo originale siamo rimasti solo in tre e altri musicisti hanno iniziato a collaborare con noi, ma appena possiamo ci piace fare qualche esibizione anche per strada. E un'ottima palestra e poi c'è un contatto incredibile con la gente».

Dove vi esibite di solito?

«Quando non siamo in concerti, sul Ponte Vecchio o agli Uffizi, che sono poi gli unici posti dove a Firenze è ancora possibile suonare per strada senza essere subito allontanati».

Nei vostri concerti si affacciano sempre più brani ori­ginali. Avete in mente di pubblicarli in qualche mo­do?

«Certo. Per ora abbiamo autoprodotto la cassetta Suoni del Mediterraneo in cui abbiamo inserito anche tanti brani folk riarrangiati alla nostra maniera. Introducendo anche strumenti moderni come sassofono e batteria. La nostra musica è un po' l'incontro di tante culture e personalità musicali diverse, un sound spontaneo che tenta di vivere con modernità e allegria anche il sound più tradizionale».