Associazione Culturale Bizantina
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- Come descrivereste, sintetizzando in poche righe, la musica attualmente proposta dal gruppo?
Traiamo spunto dalla tradizione popolare per creare brani originali che non escludono contaminazioni da generi musicali più moderni.

- Quali sono (se esistono) le vostre fonti testuali e musicali?
Sia dal punto di vista musicale che da quello testuale, le nostre fonti di ispirazione sono piuttosto eterogenee, come dimostra il fatto di prendere spunto dalle molteplici tradizioni musicali dei popoli che si affacciano sul Mediterraneo. Anche per quanto riguarda i testi, usiamo svariati dialetti del Sud Italia, talvolta l'italiano, è probabile che useremo anche lingue straniere. Inoltre, a questa gamma di variazioni diatopiche si aggiunge una notevole eterogeneità in senso diacronico, cosicché può accadere in un stesso pezzo di combinare una melodia medioevale con ritmiche molto moderne. Infine, i testi popolari vengono affiancati a poesie d'autore (De Filippo, Saramago, Mazzafoglia): insomma, una molteplicità di fonti di ispirazione che confluisce (o almeno ce lo auguriamo) in un linguaggio quanto più possibile immediato e universale.

- Nella vostra produzione musicale, in quale rapporto percentuale stanno i brani attinti da repertori tradizionali con quelli di vostra composizione?
E' difficile fare un rapporto percentuale: molti brani di nostra composizione hanno citazioni popolari e i brani tradizionali spesso ci portano verso sonorità originali. Tendiamo a personalizzare molto il nostro repertorio per cui possiamo dire che un settanta per cento dei brani che suoniamo sono di nostra composizione.

- Cosa vi ha spinto a suonare?
Per alcuni di noi la musica è stato un linguaggio acquisito fin dall'infanzia, attraverso l'ambiente familiare: da questo è nato un tentativo spontaneo e naturale di padroneggiare tale forma di comunicazione e servirsene in maniera attiva. Per altri è stato piuttosto una specie di folgorazione, avvenuta non nei primi anni, ma sufficientemente profonda per indirizzare molte delle successive scelte di vita.

- Perché proprio musica "tradizionale"?

Ognuno di noi proviene da esperienze musicali diverse; il gruppo è nato e continua a rinascere per la voglia di comunicare e di aggregare. Molti brani che suoniamo sono pensati per ballare, ma non mancano momenti introspettivi in cui il corpo si ferma e le emozioni si ampliano. A nostro parere la musica tradizionale dà l'opportunità di coinvolgere fortemente il pubblico; la contaminazione di generi e l'uso di tanti dialetti e sonorità di tutto il mediterraneo permette agli ascoltatori di ritrovare un parte di sé, della propria storia musicale e intraprendere un percorso di avvicinamento a ciò che è diverso. Troviamo in questo un profondo messaggio di pace.

- Qual è il bilancio di questi anni di attività?
Fare bilanci è difficile; il gruppo è maturato ed ha acquistato una fisionomia più riconoscibile. Il fatto che continuiamo nonostante le difficoltà significa che comunque il bilancio è positivo.

- Quali (se ci sono state) le esperienze positive?
Le esperienze positive sono tantissime: abbiamo avuto la possibilità di entrare in contatto con molti musicisti ( da Miriam Makeba, alla NCCP, gruppi vari, Vinicio Capossela), affrontato le più diverse situazioni, conosciuto popoli diversi (tourneè in Spagna, Portogallo, CapoVerde, festival in Francia, Belgio). Ciò che è vitale per il gruppo, secondo noi, è lo scambio continuo e la condivisione di esperienze importanti.

- Quali (se ci sono stati) i problemi?
Nonostante le nostre esibizioni live siano sempre molto divertenti e in grado di coinvolgere tipologie di pubblico anche molto diverse per età e gusti musicali, può ancora essere un problema organizzare un concerto, dato che non abbiamo una major alle spalle. Anche il CD riscuote molti apprezzamenti da parte degli ascoltatori e della critica musicale, ma lo si trova solo in pochi negozi, perché non abbiamo una distribuzione, e nei confronti dell'acquisto via internet esiste ancora una certa diffidenza.

- Come considerate il rapporto tra esibizione "live" e lavoro di studio?
Sono due momenti strettamente collegati, perché le nostre registrazioni tendono a riprodurre l'energia che il gruppo trasmette nei concerti, attraverso una registrazione quanto più possibile "onesta", ossia senza aggiunta di tracce supplementari o campionamenti. Per questo i brani devono essere ampiamente rodati ed eseguiti molte volte dal vivo prima dell'incisione: questo lavoro può richiederre anche molto tempo e svariate revisioni su ogni brano. Inoltre noi crediamo che un gruppo debba saper adattare il proprio repertorio alle diverse esigenze delle varie situazioni live: se in un teatro ad esempio il pubblico è costretto a sedere, riteniamo preferibile limitare i pezzi ballabili, ma sappiamo di poter contare su una maggiore attenzione rispetto ad esempio ad un festival all'aperto, in cui l'ascoltatore può essere facilmente distratto da elementi esterni al concerto. Un CD, che è un supporto rigido in senso letterale ma anche figurato, rimane sempre uguale a sé stesso: per cui deve rappresentare una sintesi di tutta l'esperienza live del gruppo, e rappresentare momenti anche molto diversi tra di loro.


- Mediamente, quanti concerti suonate nell'arco di un anno?
Una trentina

- In quali contesti suonate prevalentemente?
Suoniamo molto nelle piazze, all'interno di feste e festival. Abbiamo suonato molto anche nei teatri scegliendo un repetorio un po' più pacato.

- Come considerate l'attuale sorta di "revival" delle musiche della tradizione (popolari, etniche…) che sta interessando il nostro paese?
Il "REVIVAL" delle musiche della tradizione è, secondo noi, molto positivo. Si muove ancora su canali alternativi e secondari, ma può darsi che sia meglio così. Un aspetto che continua a stupirci e a coinvolgerci è la trasversalità generazionale e socio-culturale: ai nostri concerti vediamo ballare bambini piccolissimi e ultraottantenni, turisti giapponesi insieme a giovani maghrebini.

- Credete esista un rapporto fra le musiche "popolari" suonate oggi e la gente, i territori, il vivere quotidiano?
Noi siamo tutti residenti a Firenze, ma per lo più suoniamo una musica che affonda le sue radici in culture che non coincidono perfettamente con la nostre; anche chi tra di noi ha origini meridionali è passato attraverso esperienze muisicali anche molto distanti dalla musica dei Bizantina. Per questo motivo, riproporre una tradizione in modo filologico ci è sempre parso fuori luogo, non perché non riteniamo artisticamente valida un'operazione di questo tipo, ma perché crediamo di non essere le persone più adatte a compierla. Per chi come noi vive nel contesto culturale di una grande città, l'unica strada percorribile è quindi quella della contaminazione, nonostante questa venga accolta con una certa diffidenza in alcune zone del Sud Italia: ma a nostro parere ciò non implica una antagonismo con l'atteggiamento filologico, ma piuttosto complementarità. Contaminare significa per noi vivificare, attualizzare, modellare la tradizione sulla base del proprio sentire, che sarà necessariamente diverso da quello di un contadino di un secolo fa. Pensiamo alla tradizione musicale di alcuni paesi latino-americani: vengono usate scale che la musica spagnola aveva mutuato da quella araba nel medioevo e successivamente esportato nelle sue colonie. Quelle scale e quelle melodie si fondono in alcuni casi con elementi ritmici appartenenti alla tradizione nera, importata dall'Africa, oppure derivanti dalla tradizione andina: quindi le tradizioni di quattro continenti diversi risultano coagulate in una cultura musicale nuova, dotata di una sua specifica fisionomia e tuttora carica di grandissima vitalità.
L'importante è che questa operazione id contaminazione venga fatta con coscienza, non come semplice giustapposizione di elementi eterogenei, ma puntando quanto più possibile a una sintesi di linguaggi diversi.

- Ritenete che queste musiche debbano necessariamente averlo?
Pensiamo si importante mantenere un legame stretto con quelle emozioni, contraddizioni e difficoltà del vivere quotidiano con cui l'arte popolare si è sempre confrontata, mettendo in evidenza quanto molti dei messaggi veicolati dai testi e dalla musica popolare mantengano intatta la propria attualità.

- È conciliabile, secondo voi, l'"attrazione fatale" verso il localismo (quale urgenza di riappropriarsi della propria storia, della cultura, dell'identità), espressa dichiaratamente da certa proposizione di musiche tradizionali, e le prospettive "globalistiche, "multiculturali" di quest'epoca che, giustificando la ragion d'essere della cosiddetta "world music", riducono spesso la musica null'altro che a un "nonluogo" nel mare magnum del Mercato?
Discutiamo spesso su questo punto all'interno del gruppo: alcuni di noi, che hanno un contatto più diretto con la tradizione, avvertono questa attrazione con maggior forza, mentre altri pensano più ad una musica di un'etnia immaginaria (non certo un "non luogo"). Dopo lunghe negoziazioni e confronti, a volte anche duri, abbiamo costruito una cornice all'interno della quale convivono le varie anime che compongono il gruppo convivono, cercando non solo di influenzarsi, ma anche di valorizzarsi reciprocamente.


- Secondo voi, ha sempre un senso il lavoro di ricerca, catalogazione e analisi del patrimonio tradizionale?
Assolutamente sì, anche se la nostra prospettiva, come abbiamo già sottolineato, è ben diversa: tuttavia non vediamo nessuna contraddizione tra atteggiamento filologico e contaminazione, ma complementarità.

- Quali ritenete siano i problemi più pressanti del settore (discografia, distribuzione, promozione, mass-media…)?
E' abbastanza difficile rispondere a questa domanda, visto che il mercato è in una fase di evoluzione veramente rapida. La crisi del mercato discografico legata al diffondersi di tecnologie (masterizzatori, mp3) ha messo in difficoltà le major, ma la tempo stesso ha ampliato la gamma delle proposte musicali e moltiplicato i canali. Questo ha offerto anche a realtà non strettamente connesse con lo star system di trovare spazi in più e svolgere un'attività a livello professionistico. Ma è un processo ancora in atto, noi speriamo che l'ascoltatore comprenda che il valore di un artista non si misura sulla base dei suoi passaggi in TV o su Sorrisi e Canzoni, e si abitui a creare un percorso personale all'interno dei mass media sulla base dei propri gusti, delle proprie inclinazioni e della propria cultura.

- Che esperienza avete rispetto all'autoproduzione?
L'autoproduzione rappresenta una fase importante nella crescita di un gruppo, perché gli offre la possibilità di compiere le proprie scelte senza condizionamenti esterni. Tuttavia, intervengono spesso altri tipi di condizionamento: un budget ridotto, che costringe a lavorare in fretta, può talvolta compromettere il risultato finale. A questo si aggiunge il problema della distribuzione, che malgrado tutti i cambiamenti più recenti, si muove ancora in larga misura su canali tradizionali, che escludono per loro stessa natura le realtà di nicchia.

- Riuscite a vivere con la vostra musica o è di fatto una seconda attività?
Ovviamente nei nostri interessi la musica dei Bizantina occupa il primo posto, ma da un punto di vista economico non garantisce continuità: la necessità di una meggiore stabilità obbliga alcuni di noi a integrare i proventi dell'attività musicale con altre occupazioni.

- Quali canali informativi e/o strategie utilizzate per farvi conoscere?
Il mezzo più immediato e convincente sono i nostri concerti e il passaparola che avviene dopo. Per altro usiamo molto internet e il contatto diretto con organizzatori di spettacoli o persone del settore.

- Come considerate il giornalismo specializzato?
Col giornalismo specializzato abbiamo avuto contatti molto proficui, talvolta nelle definizioni che vengono date della nostra musica troviamo qualcosa di veramente interessante, e siamo portati a farlo nostro. Capita anche, d'altronde, che alcuni giornalisti apprezzino aspetti della nostra musica che noi invece preferiremmo cambiare, oppure che non diano troppa considerazione a brani che noi invece riteniamo veramente rappresentativi. D'altronde il rapporto che un musicista ha con la musica in generale, e con la propria musica in particolare, è comunque molto diverso da quello di qualunque ascoltatore.